martedì 26 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 20

Venerdì 28 Agosto 2009 - Tokyo Narita - Milano

Ci alziamo abbastanza presto, chiudiamo tutto e partiamo. Con gli zainoni in spalla raggiungiamo a piedi la stazione della metro, da lì, cambiando due linee, arriviamo alla stazione di Tokyo dove prendiamo il Narita Express che ci porta all'aeroporto.
Alle 9:30 siamo già a Narita. Facciamo subito il check-in per poter imbarcare i bagagli. Giriamo un po' alla ricerca di un posto dove fare colazione/pranzo. Nel frattempo troviamo finalmente gli yukata, non esattamente come li avremmo voluti, ma non importa.


Alla fine scegliamo, con mia grande gioia, di mangiare in un chiosco dove preparano i takoyaki. Mentre li preparano finalmente capisco come si fanno e come riescono a dargli la forma sferica.


Dopo una lunga attesa alle 14:40 saliamo sull'aereo del ritorno.


Mi sento molto triste all'idea di partire, abbiamo trascorso venti giorni molto intensi, abbiamo visto tantissime cose diverse, conosciuto persone e sperimentato approfonditamente la cucina locale. Sapevo che sarebbe stato bello, ma non pensavo fino a questi livelli.
Non dimenticherò mai questo viaggio e le emozioni che ci ha regalato.

lunedì 25 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 19 - Tokyo

Giovedì 27 Agosto 2009 - Tokyo

Eccoci arrivati all'ultimo giorno. Usciamo con l'idea di vedere alcune cose che ci mancano e di fare un po' di acquisti.
Ci dirigiamo verso Ueno, dove ci fermiamo un attimo alla stazione per fare colazione, sempre perché se non mangio io divento insopportabile. Facciamo un rapido giro nel parco, dove purtroppo vedo tantissime persone dormire sulle panchine. Nel parco vediamo un tempio, i laghetti coperti di ninfee e le solite migliaia di carpe affamate.





Con la metropolitana raggiungiamo Harajuku, che all'inizio del nostro viaggio avevamo visto un po' troppo rapidamente. Visitiamo il parco e il santuario Meji-jingu. Non sembra neanche di essere a Tokyo, il parco è quasi un bosco e una volta lì sembra di essere lontani dalla metropoli. Il santuario è molto diverso da tutti quelli visitati finora.


Dopo raggiungiamo a piedi Takeshita-dori, la via dove eravamo già passati la volta precedente, piena di negozi di abbigliamento e di accessori per ragazzine.


Sempre ad Harajuku passeggiamo per la più esclusiva Omote-sando, dove si trovano i negozi delle grandi firme. In questa via cerchiamo un negozio di oggetti orientali, segnalato dalla guida, dove vorrei trovare lo yukata. Una delle missioni di oggi è infatti quella di trovare gli yukata da casa, tipo quelli che ci hanno fornito nei vari ryokan. Anche stavolta siamo sfortunati, infatti mentre stiamo girando per trovare il negozio leggo meglio la guida e mi accorgo che purtroppo il giorno di chiusura è proprio il giovedì.
Sempre camminando arriviamo a Shibuya dove vediamo qualche centro commerciale, tra cui Loft, Tokyu Hands e 109.
Andiamo poi da Mandarake, un grande negozio di Anime e Manga che si trova in un sotterraneo. Stiamo lì quasi un'ora, perché Francesco non riesce a trovare ciò che gli interessa. Dopo una lunga ricerca riusciamo finalmente a trovare e comprare qualche fumetto conosciuto.
Facciamo una breve pausa pranzo in un fast food degli udon, della stessa catena di quello in cui avevamo mangiato con Luca. Gli udon sono buoni e ci riempiono tantissimo.
Con la metro raggiungiamo un altro negozio di oggetti tradizionali dalle parti di Shinjuku. Lì troviamo tantissimi degli oggetti che abbiamo già comprato nelle altre città che abbiamo visitato, ma non c'è traccia degli yukata, ci sono solo stoffe.
Andiamo quindi a Shinjuku, per vedere la zona di Kabuki-cho, che l'altra volta non abbiamo visto. Qui si trovano i locali per soli uomini e la zona appare, come immaginavo, abbastanza squallida.


Giriamo poi senza meta per Shinjuku, fermandoci in alcuni centri commerciali un po' troppo chic, come Isetan e Takashimaya.
Entriamo in un altro Tokyu Hands dove prendiamo ancora qualche regalo e vediamo che da GROM, che si trova nel centro commerciale 0101, c'è sempre la fila e molti dei gusti sono sold-out.
Entriamo ancora da Muji, ma anche lì niente yukata. Alla fine rinuncio.
Stanchissimi torniamo in hotel per rinfrescarci. Se seguissi la mia voglia andrei subito a dormire, ma dobbiamo ancora andare a cena e preparare le valige.
Torniamo a Ginza, al 4 Chrome Crossing, convintissimi di mangiare finalmente l'unagi. E' un po' tardi ma siamo tranquilli, dato che il cameriere ieri ci ha detto che oggi avrebbero chiuso alle 23. Invece, quando arriviamo, il ristorante è già chiuso. Immagino che il cameriere, nel darci l'informazione, abbia sbagliato giorno.
Iniziamo a girare a caso per le vie secondarie di Ginza, sperando di trovare un locale simile a quello in cui abbiamo cenato il primo giorno. Veniamo attirati da un ristorante in cui si cucina carne, pieno solo di giapponesi. Il cameriere ci dice che dobbiamo attendere mezz'ora. Subito gli diciamo che facciamo un giro per vedere se troviamo altro, ma il posto ci attira troppo e torniamo subito indietro, anche perché non abbiamo più molta voglia di cercare.
Da fuori ci sembrava un posto dove facevano shabu shabu, in realtà ci ritroviamo in un locale bellissimo, dove ci sono griglie incastonate nei tavoli e nel bancone a cui ci siamo seduti. Ordiniamo la carne e ce la cuociamo da soli. Mentre io mi limito a mangiare delle normali fette di manzo, Francesco sceglie prima il fegato appena scottato e coperto di cipolle e poi un'insieme di frattaglie di vario genere da cuocersi alla griglia. E' veramente divertente e la carne è ottima. Cosa strana, quando paghiamo il conto ci regalano un chewing gum.


Torniamo tristemente in hotel a preparare le valige. Con grande fatica riusciamo ad assemblare, in modo abbastanza intelligente, le varie cose che abbiamo acquistato.
Dopo aver chiuso le valige mi siedo per quasi un'ora sulla finestra, al buio, guardando fuori. Mi viene da piangere, non credevo di affezionarmi così tanto al Giappone. Sto davvero male a pensare che domani dovrò andare via ed è la prima volta che mi succede una cosa del genere. Di solito, nel corso dei miei viaggi, dopo tanti giorni, arrivo al punto in cui ho proprio voglia di tornare a casa. Quest'anno per la prima volta non mi è successo. Sono stata davvero bene, più di quanto potessi immaginare.
Posso dire di essermi proprio innamorata del Giappone.


sabato 23 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 18 - Tokyo

Mercoledì 26 Agosto 2009 - Tokyo

Prima di lasciare Takayama facciamo colazione nel ryokan. Mentre Francesco insiste con la japanese style io stavolta ho deciso per la colazione western, perché sono stufa di ritrovarmi il tofu e quindi di non mangiare, ma mi pento subito della scelta, perché stavolta il tofu non c'è e la mia colazione è un po' povera: una fetta di toast, due microfette di prosciutto non buono e un uovo sodo.
Siamo di nuovo seduti vicini ai ragazzi olandesi che, vendendomi insoddisfatta del mio pasto, mi offrono il loro uovo. Da cosa ho visto ieri e oggi immagino che siano vegetariani, in ogni caso l'uovo non lo mangiano. Subito non oso, ma poi accetto. Francesco continua a prendermi in giro perché mi comporto come se non mi bastasse mai il cibo. Anche se nei giorni scorsi ha capito che se io salto la colazione divento insopportabile, perciò è meglio assicurarsi che io abbia abbastanza cibo per iniziare la giornata.
Andiamo alla stazione dove prendiamo il treno per Tokyo. A Nagoya cambiamo treno e saliamo, per l'ultima volta, sullo Shinkansen.
Arrivati alla stazione di Tokyo ci avviciniamo alla zona dell'hotel con la metropolitana, ma dobbiamo fare ancora un breve pezzo a piedi. Gli zaini sembrano sempre più pesanti e facciamo molta fatica.
L'hotel si trova nei pressi dello Tsukiji Market, sempre a Ginza, ma più lontano dalla via principale. Si trova in un edificio costituito da due torri e la nostra stanza si trova proprio all'ultimo piano.


La camera è stupenda, con una grande finestra da cui si vede la parte di città verso il mare. Forse è un po' troppo lussuosa per i miei gusti, non in linea con il resto del viaggio, ma l'avevamo scelta proprio per la vista sulla città. Dopo aver posato i bagagli decidiamo di andare in giro, senza un itinerario preciso, ma cercando, tra oggi e domani, di vedere luoghi che non abbiamo ancora visto e magari rivedere quelli che ci hanno colpito.
Come prima cosa proviamo a raggiungere Odaiba, un'isola artificiale nella baia di Tokyo, dove, in occasione della candidatura della città alle olimpiadi del 2016, è stata eretta un'enorme riproduzione di Gundam, il robot di quando eravamo piccoli, alto diciotto metri, le sue dimensioni originali.
Per arrivare dobbiamo prendere una monorotaia. Sinceramente pensavo non ci fosse nessuno, invece ci troviamo immersi in una folla incredibile di giapponesi. La statua è impressionante, muove anche la testa.


Rimaniamo alcuni minuti per fare delle foto, poi riprendiamo la monorotaia per ritornare in città.
Decidiamo di andare a cercare la Tokyo Tower e, dopo alcuni cambi di metropolitana, la troviamo facilmente. Non è niente di speciale, si tratta della riproduzione della Tour Eiffel, ma più alta e dipinta di rosso. Decidiamo di non salire, ma di guardarla solo da sotto.


Passeggiamo a piedi per la zona fino ad arrivare a Roppongi. Intanto sta calando la sera e nel movimentato quartiere di Roppongi si accendono le luci. La zona sembra molto diversa dal resto della città, visto finora.


Iniziamo a pensare a un posto dove cenare. Una delle cose tipiche che ci restano da assaggiare è l'unagi, l'anguilla. La guida segnala un ristorante specializzato in unagi nei pressi di Ginza e della stazione. Con la metro lo raggiungiamo facilmente, si trova proprio di fronte ai grandi magazzini Takashimaya.
Quando arriviamo il locale è chiuso, infatti, rileggendo meglio la guida, ci accorgiamo troppo tardi che è aperto solo a pranzo.
Entriamo nei grandi magazzini, che sono lussuosissimi. Vediamo solo il piano terra ma è sufficiente leggere le scritte De Beers, Hermes e Luis Vuitton per capirne il livello. Vicino agli ascensori ci sono signorine in guanti bianchi e cappello che accolgono le persone e nei bagni c'è un'intera stanza dove le signore possono sedersi davanti allo specchio per rifarsi il trucco.
Ci sediamo un attimo sulle poltrone vicino all'ingresso, per consultare la guida e scegliere un altro ristorante.
Si avvicina a noi una ragazza giapponese, che vedendo la guida che stiamo leggendo ci chiede, in italiano quasi perfetto, se siamo italiani. Noi rimaniamo un attimo interdetti finché Francesco le chiede stupito: "e tu come mai parli così bene italiano?". Lei ci dice che lo ha studiato da sola ed ha vissuto per un periodo a Firenze. Ci chiede un po' di cose su da dove veniamo e sul nostro viaggio in Giappone. Chiacchierando con lei le diciamo che in Giappone abbiamo assaggiato tantissime specialità diverse e vorremmo ancora assaggiare l'unagi, ma purtroppo non sappiamo come trovare un ristorante che la proponga. Lei ci dice che conosce un posto, che se vogliamo ci accompagna dato che domani non lavora e ha tempo. Noi accettiamo volentieri, lei è molto stupita da ciò e inizia a ridere e a dire che è felicissima di poter parlare un po' in italiano.
Ci dice che per arrivare occorre circa mezz'ora, passiamo vicino alla stazione e arriviamo a Ginza. Intanto ci chiede e ci racconta tantissime cose su di lei, che si chiama Hisayo vive fuori Tokyo, lavora in un'agenzia viaggi, è stata un po' in Italia e adora la cucina, il vino e i formaggi italiani. Ne approfitto per chiederle una cosa, che in tanti giorni non abbiamo ancora capito: perché l'anno giapponese è 21. Lo abbiamo letto sul Japan Rail Pass e anche altrove. Lei ci dice che 21 sono gli anni da cui è in carica l'attuale imperatore.
Arriviamo al ristorante dell'unagi che si trova proprio vicino al 4 Chrome Crossing. Prima di salutarla facciamo qualche foto insieme a Hisayo.
Un minuto dopo averci lasciati ritorna indietro per chiederci se vogliamo che ci mostri anche il ristornate di tenpura di cui ci ha parlato. Noi accettiamo e ci accompagna qualche isolato più in là, dopodiché se ne va veramente.
Decidiamo comunque di tornare al ristorante dell'anguilla. Purtroppo però il cameriere ci dice che stanno chiudendo, dato che sono appena passate le 20. Ci assicura però che domani saranno aperti fino alle 23.
Un po' delusi e sconfortati ritorniamo al locale della tenpura, dove prendiamo un alto piatto che non abbiamo ancora assaggiato, il tendon. Si tratta di riso con sopra tenpura di pesce e verdure. E' buono, ma molto pesante.


Prima di tornare in hotel passiamo ancora davanti alla birreria "Lion Sapporo" e decidiamo di entrare. Il locale, in stile pseudo-tedesco, è pienissimo. Vengono serviti anche piatti tedeschi. Noi ovviamente, avendo già mangiato, prendiamo solo la birra, che però è giapponese. Dopo un po' che siamo lì ci accorgiamo che i giapponesi bevono la birra dai boccali in un modo molto buffo e anche abbastanza difficile: tengono infatti il manico rivolto verso il basso, invece che lateralmente.
Con la metro torniamo in hotel. Pensandoci il primo hotel in cui siamo stati era davvero comodo e centrale, rispetto alla zona di Ginza. Questo, seppur molto bello, è un po' defilato e lontano dalle vie principali dove si trovano la maggior parte dei negozi e dei locali.
Arrivati in hotel andiamo sul ponte chiuso che collega le due torri per provare a scattare alcune foto della città. Torniamo poi in camera, dove mi siedo sulla finestra a guardare fuori.
Devo ammettere che la vista di notte è spettacolare. Rimango come incantata a fissare fuori, non riesco a staccarmi e neanche bene ad esprimere cosa provo. Iniziano già a venirmi le lacrime a pensare che domani sarà l'ultimo giorno in questo meraviglioso paese.



venerdì 22 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 17 - Takayama

Martedì 25 Agosto 2009 - Takayama

Ci alziamo prestissimo e partiamo con il treno delle 7:10 in direzione Takayama.
Sistemare i bagagli è sempre più difficile, dato che ormai in ogni posto che visitiamo compriamo qualcosa da portare a casa.
Cambiamo treno a Toyama e da lì ci troviamo su un bellissimo percorso in mezzo alle montagne. Arriviamo a Takayama verso le 9:30. Grazie alle precise indicazioni che avevo trovato sul suo sito raggiungiamo facilmente a piedi il ryokan. Essendo ancora molto presto, lasciamo i bagagli in custodia e partiamo per la visita della città.
Ci troviamo proprio ai piedi delle montagne, anche qui l'aria è più fresca e si sta benissimo.
Per prima cosa visitiamo i mercati, che ci sono solamente al mattino.
Il primo si trova lungo il fiume. Vendono prodotti alimentari di vario genere, verdura, tè, dolci e delle speciali gallette di riso tipiche della città. Compriamo delle spezie, anche se non siamo sicurissimi di cosa si tratti. L'altro mercato si trova in una piazzetta di fronte ad un tempio, ma è più piccolo e, secondo me, meno interessante.
Ci spostiamo verso la parte vecchia della città e ci fermiamo in un negozio di tè, dove facciamo alcune degustazioni, compriamo varie confezioni di tè e una teiera.
Arriviamo quindi a Sanmachi-suji, il cuore della città vecchia, definito da tre vie sulle quali si affacciano costruzioni di legno tradizionali, che ospitano abitazioni e negozi.


Acquistiamo alcune ciotole, tipiche di Takayama, realizzate con un metodo che evidenzia le venature del legno, quindi, in una distilleria, compriamo diversi tipi di sake.


Andiamo poi a Takayama Yatai Kaikan, una sala in cui vengono esposti alcuni degli yatai, carri allegorici a due piani, utilizzati durante la festa Takayama Matsuri, riccamente decorati e contenenti marionette che durante la manifestazione eseguono particolari acrobazie.


Assistiamo alla proiezione di un video che presenta il festival e le evoluzioni dei carri.
Successivamente vediamo il santuario Sakurayama Hachimangu e visitiamo il Sakurayama Nikko-kan, dove sono esposti i modellini dettagliati dei santuari di Nikko e dove un particolare sistema di luci simula l'alba e il tramonto sugli edifici.


Torniamo in hotel a piedi, passando per zone della città un po' esterne rispetto al centro storico e vediamo Hida Kobubun-ji, il più antico tempio di Takayama, caratterizzato da una grande pagoda e davanti a cui si trova un'enorme albero di ginko.


Dopo una breve sosta nel ryokan, dove finalmente ci hanno dato le chiavi della stanza, ci incamminiamo in direzione opposta rispetto a quella in cui si trova il centro storico, per arrivare a Hida-no-sato,costeggiando campi di riso.


Hida-no-sato è una specie di museo all'aperto, un villaggio folk dove sono state riportate diverse case tradizionali della regione, smantellate dalla loro sede originale e ricostruite qui. E' possibile entrare nelle case e visitarle, per poter capire come si svolgeva la vita delle comunità rurali.


Torniamo quindi nel ryokan, dove ci prepariamo nell'attesa dell'ora di cena. Il "Minshuku Sosuke" è un ryokan a conduzione famigliare. E' molto accogliete, le stanze sono un po' piccole, ma c'è una grande sala comune dove verrà servita la cena e dove si trova l'irori, il focolare.


Quando abbiamo prenotato abbiamo scelto di cenare qui, su consiglio di alcune recensioni che abbiamo letto, dove viene specificato che vengono servite ottime cene di specialità locali. Una specialità della zona di Hida è il manzo, meno famoso di quello di Kobe, ma altrettanto pregiato.
Anche in questo ryokan non ci sono bagni privati. Per farsi la doccia occorre quindi recarsi nel bagno comune. Io sono sempre un po' restia, ma decido comunque di andare. Anche oggi spero che non ci sia nessuno, ma purtroppo c'è già una ragazza giapponese, che però nel momento in cui entro sta uscendo. Dopo essermi fatta la doccia mi immergo nella grande vasca di acqua bollente dove mi rilasso completamente. Dopo poco entra un'anziana signora giapponese, che mi ricorda le nonnine dei cartoni animati. E' decisamente più esperta di me nella preparazione al bagno, si immerge nella vasca al mio fianco, mi sorride e mi dice qualcosa sul fatto che il bagno è molto rilassante. La situazione per me è molto strana, ma come ho già raccontato per loro è normale. Un po' per l'imbarazzo, un po' perché non riesco a resistere troppo all'acqua bollente, dopo qualche minuto esco.
Scendiamo nella sala in cui viene servita la cena. Ci inginocchiamo presso un tavolino basso, ma poi scopriamo che c'è il trucco, per cui sotto il tavolino c'è un buco dove poter mettere le gambe.
La cena è ottima, composta da varie portate. Un sashimi di pesce e un particolare tipo di patata, che la signora ci dice chiamarsi cognac, o almeno, questo è ciò che abbiamo capito. Ci sono poi alcune verdure di montagna, una radice rosa, noodles verdi di erbe, molto buoni, anche se freddi, riso, zuppa di miso e un barbecue spettacolare, costituito dalla carne tipica di qua, molto tenera, e da alcune verdure e funghi, il tutto accompagnato da una salsa a base di soia, diversa però sia da quella utilizzata per il sushi, sia da quella della tenpura.
Le uniche cose che non mangio e cedo a Francesco sono il tofu fritto e un piatto di pollo e salmone condito da una besciamella al formaggio.
Dopo cena iniziamo a chiacchierare con i ragazzi seduti nel tavolo a fianco al nostro, due olandesi, che sono stati alcuni giorni a Tokyo e dopo aver visitato la zona delle montagne sarebbero partiti per una settimana in Australia. Chiacchieriamo un po' con loro su ciò che abbiamo visitato e su ciò che più abbiamo apprezzato del Giappone.
Nonostante il sonno, siccome è ancora presto, usciamo per una passeggiata. Nel quartiere vecchio c'è una fantastica atmosfera: luci soffuse, quasi nessuno in giro e un grande silenzio.


Domani, dopo questi due giorni molto tranquilli, torneremo nella caotica e vitale Tokyo.
Oggi inizio a sentire un po' di tristezza, dato che la vacanza sta per finire.

giovedì 21 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 16 - Kanazawa

Lunedì 24 Agosto 2009 - Kanazawa

Ripartiamo da Osaka in direzione Kanazawa. Oggi non prendiamo lo Shinkansen, ma il Thunderbird, che per fortuna fa pochissime fermate.
Il treno ferma anche a Kyoto e mi viene un po' di nostalgia. Dopo prosegue nelle campagne e costeggia un lago.
Arriviamo a Kanazawa verso le 11:30. Alla stazione chiediamo già informazioni sul treno che dovremmo prendere domani per raggiungere Takayama e purtroppo scopriamo che dobbiamo scegliere se partire alle sette o a mezzogiorno. Rimandiamo la decisione a più tardi, in base a cosa riusciremo a visitare oggi e alla stanchezza che accumuleremo.
Prendiamo un autobus e con le indicazioni che mi ero segnata raggiungiamo facilmente il ryokan. Come è già successo è troppo presto per il check-in, così posiamo i bagagli e iniziamo il giro della città.
Visitiamo subito la principale attrazione della città, il giardino botanico Kenroku-en.


Si tratta di un enorme parco, con laghetti, ruscelli, ponti, fontane, grandi pini e piante di ogni genere. L'atmosfera è rilassante, anche se ci sono molti visitatori, quasi tutti giapponesi.
All'interno del parco entriamo nella casa del tè dove ci viene offerto, seduti sui tatami, il tè matcha, ovviamente insieme ad un molliccio. Era già qualche giorno che non ne mangiavamo più.


Usciti dal parco raggiungiamo a piedi Higashi Chaya-gai, il quartiere delle geishe.
E' un quartiere antico, caratterizzato da case di legno, che ricordano quelle di Gion a Kyoto.


Molte delle case ospitano ristoranti o negozi di oggettistica. Compriamo qualche regalo da portare in Italia e per noi due coppie di bacchette dipinte con la foglia d'oro, tipica di Kanazawa.
Passiamo per il mercato, dove vediamo vendere pesce freschissimo e dove Francesco compra quello che sembra uno strano tè salato, anche se probabilmente si tratta di alghe essiccate da bere in infusione.


Arriviamo a Nagamachi, il quartiere dei Samurai, dove visitiamo un'antica casa.
Torniamo quindi nei pressi del giardino, dove visitiamo un grande negozio di artigianato locale e dove compriamo del vero tè e due coppette dipinte con la foglia d'oro.
Rientriamo nel ryokan dove ci riposiamo un po', dato che oggi non ci siamo quasi fermati.
In questo ryokan non abbiamo il bagno privato, perciò indosso lo yukata e scendo a lavarmi nel bagno comune. Ho ancora un po' di pudore a utilizzare i bagni comuni, però qui è normale, per cui cerco di adeguarmi. Per fortuna ci sono solo io, il bagno delle donne è molto piccolo, con una piccola vasca di acqua bollente.
Usciamo quindi per la cena, con l'idea di mangiare pesce, dato che abbiamo letto che qui si mangia bene. In hotel ci hanno consigliato un posto. Ci mettiamo un po' a trovarlo e purtroppo scopriamo che è chiuso. Cerchiamo quindi di entrare in un locale che ci ispira, ma ci mandano via, dicendo che lì nessuno parla inglese. Per noi non sarebbe un problema, come non lo è stato nei giorni scorsi, lo diciamo al ragazzo che sta sulla porta del ristorante, ma lui continua ad insistere sul fatto che non parlano inglese. Un po' scocciati ce ne andiamo. In tutto questo tempo non ci è mai successo che ci trattassero in modo così prevenuto e ce la siamo sempre cavati bene , rimango molto delusa da questo comportamento.
Troviamo poi un ristorante di sushi, dove veniamo accolti da un gruppo di signore gentilissime. Purtroppo c'è una piccola incomprensione fra noi, perché ci chiedono se vogliamo mangiare in una sala coi tatami, Francesco risponde "yes" e loro capiscono di no, forse perché "iee" in giapponese significa no, così ci fanno sedere ad un tavolo normale.


Il sushi è ottimo, senza troppo wasabi che a mio parere ne altera un po' il gusto. Però non ci sazia, così usciti dal ristorante andiamo in un altro locale dove mangiamo un gelato enorme. E' ancora abbastanza presto, ma non c'è tantissima gente in giro e i locali sono quasi vuoti.
Oggi per la prima volta non abbiamo percepito troppo caldo. Ho trovato il clima di Kanazawa molto meno umido rispetto a quanto subito gli scorsi giorni e stasera si sente anche una leggera aria fresca.
Avendo oggi visto tutto ciò che ci interessava, abbiamo deciso che domani partiremo col primo treno disponibile, per cui ci aspetta un'altra levataccia.

mercoledì 20 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 15 - Himeji - Kobe - Osaka

Domenica 23 Agosto 2009 - Himeji - Kobe - Osaka

Oggi mi accorgo che inizio ad accusare la stanchezza. Anche se dormiamo abbastanza ci alziamo sempre presto e camminiamo tutto il giorno. Sarà a causa di questo che oggi ho frequenti momenti di cattivo umore.
Stamattina partiamo presto per andare a Himeji. Con lo Shinkansen arriviamo in meno di un’ora.


Visitiamo il castello che è meraviglioso ed imponente, proprio come appare nelle foto che ho visto prima di arrivare. Per visitare l’interno dobbiamo toglierci le scarpe, per preservare i pavimenti di legno. Arriviamo fino all’ultimo piano della torre principale, salendo scale di legno strette e ripide. Dentro non c’è quasi niente, solo alcune armi. Vediamo anche altre sezioni del castello, come la casa in cui i Samurai facevano harakiri.
Visitiamo poi Koko-en, un insieme di giardini di vario genere, molto belli e ben curati, anche se l'estate non è certamente il periodo migliore per ammirarli.


Riprendiamo il treno in direzione Osaka, ma ci fermiamo a Kobe. Questa tappa non era prevista nel nostro programma iniziale, ma ieri abbiamo pensato che saremmo riusciti a vederla, almeno in parte, dato che a Osaka le cose importanti, o almeno, quelle che ci interessano, le abbiamo viste e inoltre Kobe si trova di strada, non lontano da Osaka.
La stazione dello Shinkansen si trova in una zona collinare della città. Per raggiungere il centro dovremo camminare un po’. Scendendo verso il mare incontriamo Kitano, un quartiere definito di ispirazione occidentale, dato che vi si trovano molte costruzioni in stile europeo.


In realtà a noi appare come un quartiere un po’ kitch che presenta una strana idea dell’occidente. Una cosa che notiamo sono molte case a tema, come ad esempio quella olandese, dove vengono organizzati matrimoni.
Scendendo verso il porto l’aria kitch si dirada un po’ e restano solo negozi di grandi firme e locali di ispirazione francese o italiana.
Purtroppo inizia a piovere, così ci infiliamo in una galleria commerciale, non molto diversa da quelle viste a Osaka. Arriviamo così al porto, dove spiccano due particolari costruzioni, o forse è meglio dire strutture, che caratterizzano la città di Kobe. In realtà sono molto più piccole di come me l’ero figurate dalle foto viste sulla guida.


Dopo un breve giro nella zona del porto torniamo alla stazione e da lì a Osaka, dove andiamo direttamente in hotel a riposarci.
Quando è ora di decidere dove cenare io propongo di andare in un locale nella zona dell’hotel, perché oggi mi sento distrutta, ma per fortuna Francesco, sapendo che nei dintorni c’è molto poco, mi convince a tornare a Dotombori, che comunque dista solo due fermate di metropolitana e dove c’è senz’altro più scelta.
Stasera vorremmo mangiare gli udon da “Imai Honten”, un vecchio ristorante segnalato dalla Lonely Planet. Seguendo le indicazioni ci troviamo davanti ad un locale, ma la scritta in giapponese non ci sembra corrispondere. Così chiediamo ad un vigile che ci indica che il ristorante che cerchiamo è proprio quello.


Casualmente è un locale che già ieri ci ispirava, ma dove non siamo entrati perché sembrava troppo chic e da fuori non riuscivamo a capire che tipo di cucina offrisse.
Oggi invece entriamo, il locale è molto carino, ma comunque modesto. Veniamo accolti da un gruppo di signore gentilissime che ci servono degli udon in brodo fantastici, io con uova e pesce, Francesco con anatra. Sono così buoni che pur essendo sazia ne vorrei ancora, ma riesco a contenermi.
Una volta usciti però non riusciamo a resistere e assaggiamo i takoyaki al chiosco dove c’è la coda di persone.





martedì 19 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 14 - Osaka

Sabato 22 Agosto 2009 - Osaka

Oggi lasciamo la anche troppo tranquilla cittadina di Beppu e partiamo molto presto per Osaka, ci aspettano un po' di ore di treno. Prendiamo il treno Sonic fino a Kokura e da lì lo Shinkansen Hikari.
Arriviamo a Osaka verso le 12:30, ormai pratici dei mezzi di trasporto giapponesi compriamo subito il pass giornaliero per la metropolitana e arriviamo facilmente al nostro hotel E' ancora troppo presto per fare il check-in, così depositiamo i bagagli e partiamo per fare un primo giro della città.
Osaka ci si presenta subito come un luogo di gran confusione, soprattutto dopo la quiete degli scorsi giorni. Non mi appare una città molto bella, ma forse è ancora presto per dirlo. Andiamo nella zona di Umeda, dove ci perdiamo tra le strade intricate che circondano la stazione.



Visitiamo l'Umeda Sky Building e saliamo fino in cima con l'ascensore e con scale mobili, che paiono sospese nel vuoto. All'ultimo piano si trova un'esposizione di fotografie di tutti gli edifici del mondo, più o meno antichi, da cui è possibile ammirare il cielo e sale con strani giochi di luce.
Salendo ancora alcune rampe di scale arriviamo alle piattaforme panoramiche, all'aperto. Vista dall'alto la città ci sembra molto più aperta di ciò che abbiamo percepito finora. La zona in cui siamo, non molto lontana da quella in cui si trova il nostro hotel, sembra una zona commerciale, ricca di grattacieli vicinissimi tra loro.
Con la metro raggiungiamo la zona di Minami, che abbiamo letto essere la più vitale. Uscendo dalla stazione finiamo proprio nella via delle grandi firme. I bei negozi e i viali alberati ci mostrano un aspetto della città più piacevole e curato di quello visto finora.
Vediamo l'Organic Building, un edificio un po' kitch interamente coperto da vasi di piante.
Da lì, camminando, arriviamo ad Amerika-Mura, una zona caratterizzata da locali e negozi ispirati al mito americano.
Proseguiamo quindi verso sud, fino a Dotombori, nella Senchi Mae Arcade, una galleria piena di ristorantini, chioschi e sale pachinko. Le sale pachinko sono diffusissime in tutto il paese, e molto frequentate dai giapponesi. Sono sale giochi, dove si trovano delle particolari slot machines, sono molto colorate, a volte con disegni ispirati ai manga. Le ho sempre solo viste passando da fuori, da dove non si riesce bene a vedere l'interno, ogni volta che si aprono le porte si sente rimbombare musica ad altissimo volume.


In giro c'è tantissima gente, forse anche perché è sabato pomeriggio.
Notiamo che ad ogni angolo c'è un chiosco che prepara le palline di polpo, ma con molti più clienti di quello di Beppu. Scopriamo che il nome corretto di queste palline è takoyaki ed è proprio un piatto tipico di Osaka. Per prepararle si utilizzano apposite padelle di ghisa, con tante semisfere.
Arriviamo a Doguya-suji Arcade, una galleria caratterizzata dai numerosi negozi di articoli per la casa e per la cucina giapponese. Si tratta di negozi molto semplici, con pile di ciotole e piatti accatastati, gli oggetti sono di genere molto vario, ma comunque abbastanza economici. E' difficilissimo riuscire a girarli perché ad ogni movimento si rischia di rompere qualcosa. Riusciamo comunque a comprare ciotole di vario genere e bacchette. Vorrei tanto comprare la padella per il takoyaki, ma è troppo pesante da trasportare.
Andiamo verso la stazione della metro passando da un'altra trafficatissima galleria, Shin Sai Bashi-suji, e torniamo in hotel a rinfrescarci e riposarci un attimo.
Per la cena decidiamo di tornare nella zona di Dotombori, che sembra essere quella con più locali.




Stasera vorremmo assaggiare il tonkatsu, che è uno dei pochi piatti che non abbiamo ancora assaggiato. Si tratta di una cotoletta di maiale impanata e fritta. Giriamo un bel po' avanti e indietro per la via piena di gente, senza individuare nessun ristorante del genere e comunque nessun ristorante che ci ispiri. Purtroppo abbiamo anche lasciato la guida in hotel. Continuiamo a vagare ed io ho sempre più fame, finché non ci decidiamo ad entrare in un posto dove alcuni ragazzi forniscono indicazioni sui ristoranti. Guardiamo un po' le foto relative ai locali che sono appese, ne indichiamo uno e chiediamo al ragazzo se quello è il tonkatsu. Il ragazzo, che non capisce quasi per nulla l'inglese, ci risponde di sì e prende il telefono per prenotare. Noi lo fermiamo al volo dicendo che vogliamo solo informazioni su dove si trova il ristorante. Siccome fa molta fatica a parlarci in inglese decide di accompagnarci. Ci accompagna quasi in fondo alla via, dove c'è meno gente e dove i locali si diradano, ci spiega che il ristorante si chiama "Tonkatsu Family" e che purtroppo non hanno il menu in inglese. Noi ringraziamo ed entriamo lo stesso.
Notiamo subito che nel locale siamo gli unici occidentali. Ne deduciamo che sia un posto poco turistico e quindi più autentico, proprio di quelli che piacciono a noi. Per fortuna hanno una sintesi del menu in inglese. La cena ci lascia molto soddisfatti, anche se il tonkatsu è pesantissimo.





lunedì 18 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 13 - Beppu

Venerdì 21 Agosto 2009 - Beppu

Facciamo colazione nel ryokan. Ieri l'abbiamo prenotata scegliendo la colazione giapponese. Francesco è entusiasta e mangia tutto. Io, dopo aver ispezionato con cura tutti i cibi che ho davanti, assaggio solo poche cose, tra cui alcune verdure e un pesce, tipo acciuga, cotto sul momento su un fornelletto accanto a me. Per fortuna c'è l'uovo, me lo lascio per ultimo perché l'uovo sodo lo mangio sempre volentieri. Che delusione quando Francesco aprendo il suo uovo scopre che è crudo. Lui lo mangia con gusto, mentre il mio rimane intatto.


Quando avevamo deciso l'itinerario la giornata di oggi l'avevamo immaginata dedicata alla visita degli inferni. In realtà, avendo visto tutto ieri, oggi non rimane molto da fare, così decidiamo di prenderci una giornata di defaticamento e girare un po' a caso.
Per prima cosa andiamo verso il mare, che è a qualche centinaio di metri dal nostro ryokan. Essendo una zona termale la immaginavo molto più turistica, e invece ci troviamo di fronte ad una zona portuale, sporchissima.
Visitiamo allora le due arcade, cioè le vie di negozi, coperte, sperando di vedere una zona commerciale un po' vivace e magari un mercato. Anche qui rimaniamo delusi, perché ci sono pochissimi negozi, molti ancora chiusi e gli altri tristissimi e in giro non si vede quasi nessuno.


La Lonely Planet segnala un bel mercato dentro alla stazione, ma in realtà anche qui ci sono pochi negozi. Ne approfittiamo comunque per comprare i sali termali tipici di Beppu. Con lo scontrino abbiamo diritto a partecipare alla lotteria della stazione, dove si possono vincere varie cose tra cui oggetti tecnologici. Dico a Francesco, più fortunato di me, di fare lui l'estrazione, ma tutto ciò che vince è una cosa a scelta tra un pacchetto di fazzoletti di carta e una misera merendina al mais e scegliamo la merendina.
La città non offre quasi niente e io sono sempre più demoralizzata. Facciamo un giro in un centro commerciale, dove riesco, spiegandomi a fatica con il commesso, a comprare un libro che mi ha chiesto un'amica.
Decidiamo di andare a vedere l'unica cosa che ci pare degna di interesse, il museo di produzione di oggetti di bambù. E' abbastanza lontano dal centro, per raggiungerlo dobbiamo nuovamente servirci dell'autobus. Arriviamo in questo museo, lontano da tutto. Credo che raramente passi di qua qualche visitatore, perché veniamo accolti con una gentilezza quasi esagerata.
Un signore ci fa fare il giro del museo, che è molto piccolo, costituito solamente da tre o quattro sale. Ci mostra vari oggetti realizzati con bambù spiegandoci, in inglese, le varie fasi della lavorazione e le diverse tecniche. Insiste per farci sedere sulle poltrone, ovviamente di bambù, dove si sono seduti l'imperatore e la moglie quando sono venuti in visita al museo.
Ci accompagna quindi al piano superiore dove alcuni ragazzi delle scuole superiori stanno costruendo degli oggetti di bambù per la festa della scuola. Notiamo che i ragazzi, tutti in divisa, sono divisi in due gruppi: i maschi e le femmine.


Alcune ragazzine appena ci vedono iniziano a parlottare con la loro insegnante, si avvicinano e chiedono al signore se possono parlare con noi, dato che non gli capita spesso di vedere turisti stranieri e di praticare l'inglese. Noi ovviamente accettiamo con piacere. Le ragazze però si dimostrano molto timide e appena si avvicinano a noi si ammutoliscono. A fatica ci chiedono poi se nel museo abbiamo visto qualcosa che ci è particolarmente piaciuto.
Io speravo che vendessero alcuni oggetti, ma l'unica cosa che vendono sono delle piccole palline di bambù. Ne prendiamo una per ricordo, magari la metteremo sull'albero di Natale.
Mentre usciamo inizia a diluviare. Per un po' rimaniamo all'ingresso a ripararci, il signore del museo esce per prestarci un ombrello, ma noi rifiutiamo educatamente. Dopo poco finalmente arriva l'autobus.
Torniamo in centro a Beppu, dove prima di rientrare nel ryokan facciamo ancora un giro nell'arcade. Purtroppo constatiamo che, pur essendo pomeriggio, è ancora vuota e triste.
Trascorriamo quindi il resto del pomeriggio nel ryokan, leggendo, riposandoci e attendendo l'ora del bagno.
Alle 18 andiamo nell'onsen. Oggi ne abbiamo scelto un altro, per raggiungerlo bisogna uscire dal ryokan ed entrare nella costruzione di fronte. Anche questa stanza è semiaperta, come quella di ieri. Si chiama "Mosaic" perché le pareti e la vasca sono ricoperte di mosaici. Esteticamente ho però preferito quella di ieri.
Dopo il bagno usciamo per cena, e ci facciamo consigliare un altro robata. Si trova vicinissimo all'hotel, ma non è facile da trovare, dato che è in un vicolo buio, quasi nascosto.
Appena entriamo ci troviamo in un locale un po' grezzo. Ci sono dei tavoli bassi, dove sedersi togliendosi le scarpe. Noi, come ormai di consueto, ci sediamo al bancone. Per un bel po' nessuno ci considera, come se non fossimo qui, finché non chiediamo un menu in inglese. Purtroppo ci sembra che il menu in inglese sia solo un riassunto del vero menu. Per esempio leggiamo solo piatti di pesce crudo o fritto. Io vorrei assaggiare del pesce alla griglia, dato che vedo altri clienti che lo mangiano.
Mentre siamo intenti a capire cosa e come chiedere ci si avvicina un cliente, che vedendoci in difficoltà vorrebbe aiutarci. Purtroppo non parla quasi inglese, per cui riesco solo ad indicargli il pesce nel piatto del mio vicino. Lui si mette ad urlare al cameriere di portarci proprio quel pesce. Dall'aspetto potrebbe essere uno sgombro o qualcosa del genere.
Il pesce è buonissimo, nonostante sia intero, cioè completo di viscere, che cerco di eliminare, a fatica, con le bacchette. Mangiamo inoltre delle ottime melanzane fritte in tenpura. Ormai la tenpura, in diverse forme, è una costante delle mie cene, ma mi piace troppo e non riesco a resistere.
Prendiamo anche il sashimi di flat fish, che credo sia una specie di sogliola. E' eccezionale, un pesce tenerissimo dal gusto delicato. Notiamo che nei robata non viene servito il classico sashimi di pesci quali il salmone o il tonno, ma altri pesci, immagino considerati più poveri. Francesco assaggia anche lo shouchou, un liquore di patate tipico di queste zone.


Anche stasera abbiamo mangiato benissimo e speso pochissimo e anche stavolta eravamo gli unici occidentali presenti nel locale. Io comunque ho ancora un po' fame. Facciamo un giro alla disperata ricerca di un dolce, dato che qui difficilmente i dolci vengono serviti nei ristoranti. Non lo troviamo, ma ci fermiamo in un chiosco che abbiamo già adocchiato ieri, dove un omino con l'asciugamano in testa, in una stanza microscopica affacciata sulla strada principale, prepara e vende unicamente polpette di uovo e polpo. Ieri ci ha fatto quasi tenerezza, perché stava lì, immobile ad aspettare i clienti, ma nessuno si fermava. Le polpette sono pesantissime, ma buone.

domenica 17 gennaio 2010

Viaggio in Giappone - Giorno 12 - Beppu

Giovedì 20 Agosto 2009 - Beppu

Partiamo per Beppu. Stamattina, dopo aver imparato la lezione dall'errore dell'altro giorno, prendiamo lo Shinkansen Hikari, quello che fa solo poche fermate.
Dopo ore di viaggio in mezzo alle risaie, un cambio a Kokura, arriviamo a Beppu, città nell'isola di Kyushu, dal nome che suona un po' buffo, famosa per i fenomeni di origine vulcanica e le acque termali.
Appena arrivati andiamo a piedi fino al Nogamihonkan Ryokan, che si trova in centro, a cinque minuti dalla stazione.
In questo Ryokan è possibile servirsi degli onsen, cioè di vasche di acqua termale. Ci sono quelli pubblici, come al solito divisi tra uomini e donne, ma anche tre onsen privati, che è possibile prenotare per un'ora. Decidiamo di prenotare l'onsen in stile giapponese tradizionale per le ore 18 e dopo aver posato gli zaini partiamo per la visita della principale attrazione di Beppu: gli Jigoku, cioè gli inferni. Si tratta sorgenti termali ad altissime temperature, che si trovano in una zona collinare di Beppu.
Dopo aver chiesto alcune informazioni riusciamo finalmente a raggiungere, dopo un lungo percorso in il autobus, la zona di Kannawa, dove è situata la maggior parte degli jigoku. Guardandoci intorno vediamo vapore uscire dai posti più svariati.
In un paio d'ore, con un biglietto cumulativo, visitiamo otto inferni. Quasi tutti sono presentati come minuscoli parchi divertimenti, a mio avviso in modo un po' troppo kitch. Sono luoghi così particolari che sarebbero belli anche senza ambientazioni ricostruite.
Vediamo il Kamado-jigoku, l' inferno del forno, dove si trovano pozze di acqua e di fango bollente; lo Yama-jigoku, o inferno della montagna, che è un po' triste, a causa degli animali in gabbia; l'Umi-jigoku detto anche inferno del mare, per il colore azzurro dell'acqua termale, dove vediamo che in una pozza stanno facendo bollire un cesto di uova;


Oniishibozu-jigoku, dove si trovano pozze di fango in ebollizione, che assomigliano alle teste rasate dei monaci, da cui deriva il nome di questo inferno;


l'Oniyama-jigoku, inferno della montagna del diavolo, anch'esso triste per via dei coccodrilli tenuti in cattività in spazi angusti. All'interno dell'Oniyama-jigoku c'è una signora che, utilizzando il vapore che sgorga dalla terra, cuoce e vende vari cibi, tra cui uova, strane verdure, mais e dei grandi ravioli, che sembrano quelli del manga Ranma ½.


Non resistiamo, così ne compriamo uno a testa e lo assaggiamo subito. Si tratta di grosso raviolo ripieno di carne e verdure, abbastanza buono.
Proseguiamo visitando lo Shiraike-jigoku, l'inferno della pozza bianca, carino perché un po' meno addobbato e perciò un po' più naturale rispetto agli altri.
Riprendiamo l'autobus e ci spostiamo nella zona dove si trovano altri due inferni: Chinoike-jigoku, l' inferno della pozza di sangue, dove c'è una grande pozza di colore rosso, di fango bollente e fumante che ricorda proprio il sangue.


Infine visitiamo il Tatsumaki-jigoku, l'inferno del getto d'acqua. Appena entrati vediamo solo un piccolo anfiteatro di roccia, circondato da vegetazione e delle persone sedute che aspettano. Leggiamo che in questo inferno si trova un geyser che si manifesta circa ogni venticinque minuti. Il geyser è stato rinchiuso in una nicchia, che ne limita l'altezza.
Ci sediamo anche noi ad aspettare, dopo un po' intravediamo del vapore che fuoriesce dal terreno e inizia a uscire violentemente il geyser. Lo spettacolo dura alcuni minuti, finché il geyser si calma per poi sparire.
Mentre attendiamo l'autobus per tornare in centro inizia a diluviare. Stavolta c'è andata bene, abbiamo finito l'escursione appena in tempo.
Arriviamo al ryokan e manca ancora un po' di tempo alle 18, perciò mentre aspettiamo indossiamo lo yukata e ci prepariamo il tè.
Andiamo quindi nell'onsen: si tratta di una stanza dove su due lati i muri non arrivano fino al soffitto, ma c'è uno spazio aperto rivolto verso l'esterno. La vasca, abbastanza grande, è di legno ed è inserita in un pavimento di pietra. L'acqua è bollente ed è strano veder piovere mentre noi siamo immersi a rilassarci.


Per andare a cena scegliamo un ristorante segnalato dalla Lonely Planet. Si chiama "Jin Robata & Beer Pub", si tratta di una specie di birreria specializzata nella cucina alla griglia, in particolare di pesce. Infatti, appena entriamo ci accoglie un grande bancone pieno di ghiaccio e pesce freschissimo e subito dietro un cuoco che lo cucina.
Ci sediamo al bancone e davanti a noi si trovano ceste piene di varie verdure fresche. Notiamo che siamo gli unici stranieri presenti nel locale. In effetti oggi abbiamo incontrato pochissimi turisti occidentali.
Per fortuna ci portano un menu in inglese. Ci mettiamo moltissimo tempo a decidere, a causa della troppa scelta. Scegliamo poi quattro piatti di pesce, un po' a caso, inoltre Francesco prende un piatto di funghi alla griglia e io la tenpura. E' tutto ottimo.


Facciamo due passi per digerire, ma la cittadina non offre molto. Torniamo quindi nel ryokan e scopriamo che qualcuno, mentre eravamo a cena, ci ha preparato i futon.
Prima di andare a dormire prendiamo il tè, assaggiandone uno strano, mischiato a chicchi di riso tostati.

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