Visto il mio periodo particolare provo a rispolverare qualche ricordo di viaggi passati.
Quando ripenso al viaggio in Messico ho la tendenza a ricordare solo le disavventure che l'hanno caratterizzato, dimenticando però di aver visitato anche posti meravigliosi e ricchi di storia.
Tra i luoghi che più mi hanno colpito ci sono i villaggi indigeni, che si trovano nel Chiapas, nei pressi di San Cristobal de las Casas.
Abbiamo letto che visitare questi villaggi è meglio farsi accompagnare da una guida, per cui ci rivolgiamo ad una piccola agenzia del luogo e ci aggreghiamo ad un'escursione.
Un mattino saliamo su un pullmino un po’ scassato che ci porta verso il primo villaggio che visiteremo: San Juan Chamula.
La nostra guida si chiama Alberto, è un personaggio veramente simpatico e si vede che conosce a fondo la cultura delle persone che vivono in questi luoghi.
Visitiamo il villaggio, Alberto ci mostra alcune case e ci spiega alcune usanze e tradizioni delle persone che vivono qui. Ogni casa presenta all’ingresso una croce, verde o azzurra, addobbata con foglie.
Non è una croce cristiana, ma Maya. E’ molto importante perché serve a segnare le varie fasi della vita delle persone che abitano in quella casa: la nascita, il matrimonio e la morte. Gli abitanti della casa, periodicamente, vi spargono davanti dell’incenso.
Alcune case sono costruite con l’argilla, considerato materiale antisismico. Vicino alle case si trovano piccolissimi pezzi di terra, dove viene coltivato il mais, alle cui piante si arrampicano quelle di fagioli e sotto cui crescono le zucche, per cercare così di ottimizzare l’utilizzo della terra.
Ogni famiglia alleva anche polli e pecore. Delle pecore viene utilizzata la lana, ma non viene bevuto il latte, perché queste popolazioni sono intolleranti, perciò lo utilizzano come concime per la terra.
Mentre visitiamo il paese incontriamo persone anziane indigene, con cui Alberto parla nella loro lingua, e bambini che vengono a chiederci soldi, ma Alberto ci dice che non dobbiamo dargliene.
Ci avviamo verso la chiesa, ma prima nascondiamo le macchine fotografiche, perché dentro la chiesa è vitatissimo fare fotografie o riprese, perciò, per non far innervosire gli indigeni, è meglio evitare di mostrare le macchine.
La chiesa, vista da fuori, ha l’aspetto di una normale chiesa cattolica messicana, ma all’interno, pur essendoci elementi ispirati al cattolicesimo, si svolgono particolari riti Maya.
Entrando si percepisce un’atmosfera stranissima. Il pavimento è interamente cosparso di aghi di pino, vicino alle pareti si trovano moltissime statue di santi, tra i quali il principale è San Giovanni Battista, venerato più di Cristo. Ci sono candele ovunque, anche sul pavimento. Le persone, sedute per terra, pregano intonando cantilene. Lì si trovano sciamani che guariscono le persone toccandogli il polso. I fedeli si purificano dal male bevendo bibite zuccherate, o particolari grappe derivate dal mais e ruttando. A volte compiono sacrifici spezzando il collo a polli, ma per fortuna questo non lo vediamo.
Prima di continuare le visite facciamo un giro nel mercatino situato di fronte alla chiesa e compriamo una tovaglia tipica, coi girasoli.
Raggiungiamo il cimitero del villaggio che ha la particolarità che vi si trovano croci di vario colore, a seconda dell’età della persona seppellita: nere per le persone defunte in tarda età, blu per le persone adulte e bianche per i minorenni.
Ci dicono che oggi a San Juan è un giorno di festa, ed è per questo che continuano a sparare petardi. Chissà che anche quelli di San Cristobal, che ci hanno tenuti svegli tutta la notte, non fossero dovuti a qualche festività.
Andiamo poi al villaggio di San Lorenzo Zinacantan, dove le persone che vi abitano usano indossare particolari abiti che li contraddistinguono: le donne scialli e gli uomini tuniche, entrambi di colore blu, con particolari decorazioni.
Visitiamo una casa, dove alcune donne stanno realizzando artigianalmente scialli, tovaglie, coperte e altri oggetti intessuti.
Ci vengono offerte tortillas fatte con mais viola e una particolare grappa di qui.
Quando ripenso al viaggio in Messico ho la tendenza a ricordare solo le disavventure che l'hanno caratterizzato, dimenticando però di aver visitato anche posti meravigliosi e ricchi di storia.
Tra i luoghi che più mi hanno colpito ci sono i villaggi indigeni, che si trovano nel Chiapas, nei pressi di San Cristobal de las Casas.
Abbiamo letto che visitare questi villaggi è meglio farsi accompagnare da una guida, per cui ci rivolgiamo ad una piccola agenzia del luogo e ci aggreghiamo ad un'escursione.
Un mattino saliamo su un pullmino un po’ scassato che ci porta verso il primo villaggio che visiteremo: San Juan Chamula.
La nostra guida si chiama Alberto, è un personaggio veramente simpatico e si vede che conosce a fondo la cultura delle persone che vivono in questi luoghi.
Visitiamo il villaggio, Alberto ci mostra alcune case e ci spiega alcune usanze e tradizioni delle persone che vivono qui. Ogni casa presenta all’ingresso una croce, verde o azzurra, addobbata con foglie.
Non è una croce cristiana, ma Maya. E’ molto importante perché serve a segnare le varie fasi della vita delle persone che abitano in quella casa: la nascita, il matrimonio e la morte. Gli abitanti della casa, periodicamente, vi spargono davanti dell’incenso.
Alcune case sono costruite con l’argilla, considerato materiale antisismico. Vicino alle case si trovano piccolissimi pezzi di terra, dove viene coltivato il mais, alle cui piante si arrampicano quelle di fagioli e sotto cui crescono le zucche, per cercare così di ottimizzare l’utilizzo della terra.
Ogni famiglia alleva anche polli e pecore. Delle pecore viene utilizzata la lana, ma non viene bevuto il latte, perché queste popolazioni sono intolleranti, perciò lo utilizzano come concime per la terra.
Mentre visitiamo il paese incontriamo persone anziane indigene, con cui Alberto parla nella loro lingua, e bambini che vengono a chiederci soldi, ma Alberto ci dice che non dobbiamo dargliene.
Ci avviamo verso la chiesa, ma prima nascondiamo le macchine fotografiche, perché dentro la chiesa è vitatissimo fare fotografie o riprese, perciò, per non far innervosire gli indigeni, è meglio evitare di mostrare le macchine.
La chiesa, vista da fuori, ha l’aspetto di una normale chiesa cattolica messicana, ma all’interno, pur essendoci elementi ispirati al cattolicesimo, si svolgono particolari riti Maya.
Entrando si percepisce un’atmosfera stranissima. Il pavimento è interamente cosparso di aghi di pino, vicino alle pareti si trovano moltissime statue di santi, tra i quali il principale è San Giovanni Battista, venerato più di Cristo. Ci sono candele ovunque, anche sul pavimento. Le persone, sedute per terra, pregano intonando cantilene. Lì si trovano sciamani che guariscono le persone toccandogli il polso. I fedeli si purificano dal male bevendo bibite zuccherate, o particolari grappe derivate dal mais e ruttando. A volte compiono sacrifici spezzando il collo a polli, ma per fortuna questo non lo vediamo.
Prima di continuare le visite facciamo un giro nel mercatino situato di fronte alla chiesa e compriamo una tovaglia tipica, coi girasoli.
Raggiungiamo il cimitero del villaggio che ha la particolarità che vi si trovano croci di vario colore, a seconda dell’età della persona seppellita: nere per le persone defunte in tarda età, blu per le persone adulte e bianche per i minorenni.
Ci dicono che oggi a San Juan è un giorno di festa, ed è per questo che continuano a sparare petardi. Chissà che anche quelli di San Cristobal, che ci hanno tenuti svegli tutta la notte, non fossero dovuti a qualche festività.
Andiamo poi al villaggio di San Lorenzo Zinacantan, dove le persone che vi abitano usano indossare particolari abiti che li contraddistinguono: le donne scialli e gli uomini tuniche, entrambi di colore blu, con particolari decorazioni.
Visitiamo una casa, dove alcune donne stanno realizzando artigianalmente scialli, tovaglie, coperte e altri oggetti intessuti.
Ci vengono offerte tortillas fatte con mais viola e una particolare grappa di qui.
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