lunedì 14 settembre 2009

Italiani a Boston



E' il giugno 2004 e sono a Boston con Francesco che partecipa ad una serie di meeting per via del suo lavoro. Dato che non sono mai stata negli States, mi sono aggregata ed ogni mattina, mentre lui esce dall'hotel con giacca, cravatta e portatile, per andare all'università io, con le scarpe da ginnastica e lo zainetto parto alla scoperta della città.
Per visitare, a piedi, i luoghi più importanti della città è possibile seguire il Freedom Trail, una riga rossa, tracciata per le vie centrali della città, che collega tra loro i principali monumenti. Alcuni giorni fa l'ho percorso tutto ma, riguardando la mappa, mi sono accorta di aver dimenticato di visitare la casa di Paul Reveree, definita come la più antica casa di Boston. Paul Reveree è un patriota il cui nome qui compare un po' ovunque. La cosa fa quasi ridere, dato che la casa è della fine del 1600 e qui in Italia siamo abituati a cose molto più antiche.
Parto quindi alla ricerca della casa che si trova a North End, la zona italiana della città, dove in anni passati si sono insediate le famiglie degli emigranti. North End è un posto molto caratteristico, il tempo sembra essersi fermato. Per strada si incontrano persone che parlano uno strano linguaggio, che pare una mescolanza di inglese e un qualche, non ben definito, dialetto del sud Italia. Ci sono moltissimi ristoranti italiani e negozi che espongono prodotti da noi molto comuni, ma che lì appaiono come vere specialità.
Ho qualche difficoltà ad individuare la casa e mi fermo un attimo a guardare la cartina. Un gentile signore, vedendomi in difficoltà, mi chiede se ho bisogno di aiuto. Gli dico che cosa sto cercando e mi risponde che la casa è lì vicino, che se voglio mi accompagna con piacere. Camminando mi chiede da dove vengo e cosa faccio a Boston. Non appena capisce che sono Italiana il suo viso si illumina, mi dice che lui si chiama Vincenzo, che è nato lì, ma che ha origini italiane. Prima di arrivare a destinazione mi chiede di entrare in un negozio, una salumeria italiana, dove si mette a gridare "Cammelooooo! She's Federica, she's Italian!". Io sono un po' in imbarazzo, Carmelo finisce di servire il prosciutto ad una signora e viene a salutarmi, mi chiede da che parte d'Italia provengo e mi dice che lui è siciliano.
La scena appare un po' surreale, dopo poco esco e raggiungo finalmente la casa, da cui rimango delusissima. E' una casa di legno, decisamente bruttina. All'interno ci sono orrende ricostruzioni di vita quotidiana dell'epoca di Paul Reveree.
Ammetto che ciò che più mi affascina di questa città non sono i monumenti, ma le persone che incontro a North End, come Carmelo, o la signora che seduta in un angolo tra due piccole vie vende la limonata direttamente da una bacinella, o i ragazzi che nel "Bar dello Sport" seguono la partita della nazionale italiana agli Europei tifando con un'enfasi che in Italia non vedo da molto tempo.

sabato 12 settembre 2009

Il viaggio di un cuoco

More about Il viaggio di un cuoco


Anthony Bourdain è uno chef di New York che ha raggiunto la notorietà grazie al libro "Kitchen Confidential" in cui descrive il frenetico mondo delle cucine dei più noti ristoranti newyorkesi.

Per scrivere "Il viaggio di un cuoco" ha lasciato per un periodo il lavoro di chef e ha intrapreso un lungo viaggio per il mondo, alla ricerca del cibo perfetto.

E' stato in vari luoghi, quali il VietNam, il Portogallo, la Francia, la Spagna, la Russia, la Cambogia, il Messico, il Marocco.
Ha assaggiato tutto ciò che di tipico poteva trovare, a volte anche cose "difficili". Ha vissuto esperienze di vita locale, entrando nelle case di amici, o accolto da parenti dei suoi collaboratori, messicani e portoghesi, di New York.

E' stato seguito in questo suo viaggio da telecamere per la realizzazione dell'omonima serie tv "A cook's toor".

Questo libro mi è piaciuto moltissimo, forse perché anch'io amo viaggiare e tra le cose che amo più fare nei paesi che visito è assaggiare il cibo locale, possibilmente cercando locali non molto turistici e più tipici, e imbattendomi a volte anche in piatti strani.
L'autore ha saputo trasmettere al meglio tutte le sensazioni che ha provato, non solo grazie al cibo, ma anche alla bellezza dei luoghi e alle persone che ha incontrato.

Mi sono innamorata di questo cuoco. Consiglio questo libro a chiunque ami viaggiare ed esplorare le cucine del mondo.

mercoledì 9 settembre 2009

Il Ryokan

Durante il nostro viaggio in Giappone abbiamo avuto occasione di alloggiare in diversi Ryokan, cioè alberghi in stile tradizionale. Non so se tutti i Ryokan siano simili a quelli in cui abbiamo soggiornato, ma posso raccontare quali sono gli elementi ricorrenti che ho notato.



Solitamente ci è stato richiesto di toglierci le scarpe all'ingresso. A volte ci sono state fornite scomode ciabatte, che però è necessario togliersi non appena si entra nella propria stanza. Noi comunque abbiamo sempre preferito camminare scalzi.

Una porta scorrevole costituita da un reticolo di legno con carta di riso separa l'ingresso dalla stanza vera e propria. Nella stanza il pavimento è costituito da un insieme di tatami, cioè da stuoie di bambù di dimensione predefinita. L'arredamento è molto essenziale, costituito da un tavolino basso accanto a cui sono posizionati o cuscini, o sedie col sedile poggiato direttamente sui tatami. Spesso nella stanza si trova una nicchia in cui vengono esposti pannelli con ideogrammi e a volte piccoli altarini.

I letti, o meglio, i futon, si trovano in un armadio a muro e vengono disposti nella stanza solamente al momento di andare a dormire. La maggior parte delle volte il compito di allestire il futon è stato lasciato a noi, mentre una volta ci è capitato di uscire a cena e al ritorno trovarli preparati.



Nel caso in cui le stanze non siano dotate di bagno privato è possibile accedere ai bagni comuni, divisi tra uomini e donne. Nel bagno comune si trova una grande vasca piena di acqua molto calda dove è possibile immergersi per rilassarsi, solo dopo essersi accuratamente lavati e sciacquati, utilizzando le docce poste accanto alla vasca.

Ogni volta ci sono stati forniti gli yukata, cioè dei kimono informali da indossare durante il soggiorno nel ryokan e l'occorrente per la preparazione del tè, a volte accompagnato da un biscotto.

Spesso i Ryokan sono a gestione famigliare e non hanno un grande numero di stanze. Il soggiorno in questi luoghi è stato ogni volta piacevole, intimo e rilassante.

martedì 1 settembre 2009

Indimenticabile Giappone

Eccomi tornata da questo viaggio meraviglioso. E' difficile riassumere in poche righe ciò che ho visto, ciò che ho conosciuto, le sensazioni che ho provato in quei giorni. Proverò a dire qualcosa di generale sui vari posti che ho visto, rimandando eventuali racconti più dettagliati.

I LUOGHI

Tokyo: Tokyo non è molto diversa da tutte le grandi città del mondo. Presenta varie sfaccettature, come l'eleganza di Ginza, la vitalità giovanile di Shibuya, la tranquillità del parco intorno al santuario Meiji-Jingu, l'attività frenetica del mercato del pesce di Tsukiji. Ciò che mi ha colpito di più sono l'ordine e la pulizia che si percepiscono.

Nikko: qui si trova un grande complesso di suntuosi templi.

Kyoto: è una città strana, dove antico e moderno si mischiano e convivono. La prima cosa che si vede è la stazione futuristica, usciti da lì ci si trova in mezzo a un'alternanza di case brutte e templi maestosi. Molto bello il quartiere di Gion, quello famoso per le geishe, costituito da antiche case di legno. Una geisha l'abbiamo intravista di sfuggita.

Nara: anche Nara è famosa per i suoi importanti templi. La particolarità di questo posto è che innumerevoli cervi si aggirano indisturbati per la città, si avvicinano alle persone in cerca di biscotti.

Koyasan: il monte Koya è un luogo importante per la religione buddista. Lì abbiamo dormito in un tempio, dove abbiamo assaggiato la cucina vegetariana dei monaci e dove abbiamo assistito alla cerimonia mattutina, un'esperienza decisamente toccante. In questo luogo si trova inoltre un famoso cimitero. L'abbiamo visitato anche di notte ed effettivamente era un po' inquietante.

Hiroshima: è una città completamente ricostruita, dopo le devastazioni della bomba atomica. La città in sé non dice molto, quel poco che è rimasto, i monumenti dedicati alla tragedia e le testimonianze che abbiamo visto al museo fanno un po' effetto.

Miyajima: isola di fronte a Hiroshima. Decisamente uno dei posti più belli che ho visto, sia per il santuario affacciato sul mare, sia per il sentiero a piedi che abbiamo percorso per arrivare ai templi situati più in alto, dove abbiamo potuto scorgere, da vicino, scimmie che si nutrivano nel bosco.

Beppu: nell'isola di Kyushu, città termale affacciata sul mare, ma che di città di mare non ha niente se non il porto. L'ho trovata abbastanza triste. Unica cosa carina sono i cosidetti "inferni", cioè delle manifestazioni dei fenomeni vulcanici quali acqua fumante, fango ribollente e geiser.

Osaka: città moderna, cuore dell'economia giapponese. L'ho visitata poco e per ciò che ho visto non mi ha detto molto, l'unica cosa che mi ha colpito è l'affollamento delle zone commerciali e la vita notturna.

Himeji: il castello è bellissimo, proprio come l'avevo visto nelle foto. Da segnalare anche i magnifici giardini, che sicuramente sarebbero da vedere all'epoca della fioritura dei ciliegi, ma anche ora sono un vero spettacolo.

Kobe: vista solo di passaggio. Città cosmopolita, c'è un intero quartiere costruito alla maniera occidentale. Obiettivamente mi è sembrato un po' kitch, ma ai giapponesi pare piacere molto.

Kanazawa: cittadina nota per un bellissimo giardino, quasi un parco, che ho molto apprezzato.

Takayama: cittadina montuosa nella regione di Hida, a nord di Tokyo. Una zona tranquillissima, con le case antiche e le botteghe degli artigiani. Ci sarei rimasta ancora un giorno.

IL GIAPPONE E I GIAPPONESI

I Giapponesi non ti osservano, anche se sei palesemente "diverso" sembra cha ai loro occhi tu sia trasparente, ma nel caso in cui gli chiedi aiuto o solo ti vedono un po' in difficoltà cercano in ogni modo di aiutarti, anche quando non ne sono in grado o non parlano una parola d'inglese. I bambini invece ti osservano curiosi. Un giorno una bambina ha chiesto se poteva fare una foto con me.

Uno dei luoghi migliori in cui osservare i Giapponesi è la metropolitana. Lì noti che gli uomini sono tutti vestiti identici, pantalone scuro, camicia bianca e valigetta. Si nota che le donne sono tutte molto curate, con una particolare attenzione alle calze e alle scarpe. Quasi tutte indossano tacchi su cui non sempre riescono a camminare in modo stabile. Quasi tutte le donne e anche molti ragazzi hanno i capelli tinti di castano o di rosso. Mentre viaggiano sui treni della metropolitana le loro attività principali sono: la PSP, il Nintendo DS, la lettura e il far finta di dormire, tutto per non rischiare di parlare con il vicino. Una cosa che mi ha impressionato è entrare in un bar all'ora della colazione e notare che nessuno parlava con nessuno, regnava un religioso silenzio, cosa impensabile in un qualunque bar italiano.

Il silenzio però finisce quando si torna in strada. Fuori dai negozi ci sono ragazzi che urlano incessantemente cercando di attirare l'attenzione dei clienti. Gli annunci alla stazione o in metropolitana sono costantemente accompagnati da musichette e jingle. In alcune stazione ho addirittura sentito il finto canto di uccellini.

Nei cartelli che si vedono in giro, dalle semplici indicazioni a cartelli di divieto della polizia, c'è sempre qualche pupazzetto a rendere più chiaro il concetto.

I treni giapponesi sono di una puntualità sconcertante. Spaccano il secondo e sullo stesso binario parte un treno ogni 5 minuti. Non appena il treno arriva al capolinea sale un omino che si occupa di girare tutti i sedili nel senso di marcia. Per non parlare della pulizia e della sicurezza nelle stazioni.

LA CUCINA GIAPPONESE

La cucina giapponese è ottima. Non è solo sushi e sashimi, che sono comunque degni di nota, come spesso pensiamo noi occidentali. Noi ogni sera siamo riusciti ad assaggiare cose diverse. Posso segnalare alcuni piatti che abbiamo assaggiato:

Okonomiyaki: una specie di frittata fatta di cavoli, germogli di soia, pancetta ed eventualmente altri ingredienti. E' bello anche solo vedere quelli che, armati di palette, la preparano sulla piastra rovente.

Tako Yaki: palline di uovo e polpo, tipiche di Osaka. Anche qui è bellissimo ammirare la manualità dei cuochi durante la preparazione.

Soba e Udon: gli spaghetti giapponesi. I primi sono sottili e di grano saraceno. Si mangiano o in zuppa, oppure freddi intinti in una salsa. I secondi sono più spessi e normalmente si mangiano in una zuppa.

Tenpura: verdure fritte. Questo piatto si conosce anche da noi. Ne ho assaggiate varie versioni e le migliori sono decisamente quelle che ho mangiato nei posti più improbabili, quali birrerie non propriamente raffinate.

Tonkatsu: bistecca di maiale impanata e fritta. Pesantuccia ma buona.

Onigiri: i "panini" giapponesi di riso con l'alga intorno che si vedevano spesso nei cartoni animati. Li compravamo a caso, senza saperne il contenuto. In generale erano buoni.

Colazione Giapponese: questa per me è stata un po' dura, mentre Francesco ne andava matto. Si tratta di verdure sottaceto, riso, uova a volte anche crude, pesce alla griglia, zuppa di miso e tofu.

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