venerdì 26 marzo 2010

おいしかった Oishikata

L'altra sera avevamo un'occasione da festeggiare e presi da un'enorme nostalgia abbiamo deciso di cenare in un ristorante giapponese.
A Torino negli ultimi anni abbiamo provato vari ristoranti giapponesi, escludendo a priori quelli che una volta erano cinesi e sono stati riconvertiti in seguito alla moda del sushi.
I nostri preferiti erano due, ma solo uno di questi, ci è stato riferito, è gestito da persone realmente originarie del Giappone: il Wasabi. Dopo il nostro viaggio nella terra del Sol Levante siamo diventati ancora più esigenti, per cui ora frequentiamo quasi solo più questo.
Il locale è molto piccolo, arredato in stile tradizionale, ma abbastanza minimale. E' possibile cenare sia in normali tavolini, sia nella zona tatami, che è possibile raggiungere dopo essersi tolti le scarpe. Lì si trovano i tavolini bassi, ma con il trucco: non è infatti necessario cenare inginocchiati, un buco sotto il tavolo permette di stare comodamente seduti.
Le cameriere indossano gli yukata e le tradizionali calze bianche con il dito separato.
Anche il menu è strutturato in stile giapponese: si legge infatti dall'ultima alla prima pagina.
Molti tra i piatti presentati sono gli stessi che abbiamo assaggiato o visto durante il nostro viaggio, non solamente quelli più diffusi in occidente.
Oltre ai soliti sushi, al sashimi e alla tenpura è possibile gustare infatti il tendon, il sukiyaki, l'unagi, gli udon e piatti di pesce crudo, serviti con il daikon, del tutto simili a quelli che abbiamo assaporato nei localini più sperduti. I nigiri sono preparati così come li ho mangiati al Tsukiji Fish Market, con una punta di wasabi tra il riso e il pesce.
Anche stavolta non siamo rimasti delusi. Per una sera ci siamo di nuovo immersi in questo angolo di Giappone nella nostra città.
Uscendo dal locale, per esprimere il nostro apprezzamento, abbiamo sfoderato la frase che avevamo imparato a memoria dal nostro frasario e che ripetevamo ogni volta in cui una cena ci lasciava particolarmente soddisfatti: "Oishikata", cioè “Era delizioso!”. Dopo averla ripetuta venivamo ogni volta compensati da grandi sorrisi e profondi inchini, sia per il significato della frase, ma soprattutto perché veniva molto apprezzato lo sforzo di dire anche solo una parola in giapponese.
Anche a Torino abbiamo ottenuto lo stesso effetto: la signora che ci ha accompagnato all' uscita ci ha sorriso e si è inchinata dicendo "Arigato gozaimas"... Quanto ci mancava!

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