Giorno 6 - Venerdì 9 Dicembre 2012
Ci alziamo presto e andiamo al Porto di Ushuaia per il trasbordo in Cile.
Lì sbrighiamo le pratiche per uscire dall'Argentina. Quando arriviamo l'ufficiale non c'è. Arriva poco dopo, tutto trasandato, con la camicia sbottonata, in una mano un panino e nell'altra il caffè.
Mentre aspettiamo Francesco mi mostra quella che secondo lui sarà la nostra imbarcazione. Si tratta di un piccolo gommone, appoggiato ad una barchetta, appoggiata a sua volta ad una barca più grande. Io non gli credo. Quando è ora di partire mi rendo conto che aveva ragione. Saliamo sul gommone passando prima per le altre due barche. Siamo solo in tre, più due membri dell'equipaggio che mi aiutano a salire. Il trasbordo è stato tranquillo, il mare è calmo, piattissimo, meraviglioso. L'acqua sembra uno specchio da quanto e' liscia.
In circa mezz'ora arriviamo in Cile, a Puerto Navarino, dove si trova solo una casetta con immagino l'ufficio per l'immigrazione o qualcosa del genere. I ragazzi del gommone portano i nostri documenti ad altre persone che sono nell'ufficio.
Questi ci caricano su una monovolume e partiamo per Puerto Williams. Percorriamo 50 Km su una strada sterrata, con mucche che ogni tanto ci tagliano la strada.
A Puerto Williams arriviamo all'ufficio comunale, dove si trova anche la polizia che finalmente ci timbra i passaporti.
Ci portano quindi fino al "Refugio el Padrino" dove abbiamo prenotato per dormire. Si trova affacciato sul mare non lontano dal porto dove è attraccato il ferry che dovremmo prendere domani, siamo infatti arrivati fino qui principalmente per prendere questo ferry che ci permetterà di navigare tra i fiodi dello stretto di Magellano.
Appena arrivata rimango sconvolta. La casa è davvero decadente, rivestita lamiera. La padrona non c'è e ci accolgono altri ospiti, una ragazza mi pare colombiana e Diego, un ragazzo che scopriremo essere di Zurigo e che vive a Puerto Williams 4 mesi all'anno. Sulla porta c'è un cartello che dice di scegliersi un letto che più tardi la padrona passerà per il pagamento. I ragazzi ci dicono che nella stanza in fondo ci sono un paio di posti liberi. In effetti troviamo un letto a castello, in una stanza dove sul terzo letto si è appena insediato Alan, un ragazzo irlandese che ci si presenta tutto sporco perché è appena tornato da cinque giorni in solitaria sull'isola. La prima impressione di questo posto è pessima. Non è pulitissimo, ci sono mosche che girano in cucina, la stanza condivisa, eppure lo sapevamo che era tipo un ostello, ma mi consolo pensando che in fondo sarà solo una notte.
Usciamo per andare a pagare il traghetto che dovremo prendere domani. Andiamo all'ufficio della Transbordadora Austral che si trova a pochi metri dall'ostello e da lì un signore ci manda direttamente sul Ferry Yaghan, dove molte persone sono già all'opera per caricare le merci che viaggeranno insieme a noi. Da lì camminiamo fino "in centro" passando per la via Costanera. Incontriamo un gruppo di cavalli liberi che corrono in riva al mare, sono bellissimi, anche se in un certo senso mi fanno un po' paura.
In centro facciamo un giro veloce, il paese è davvero desolato. Andiamo poi al supermercato che è piccolissimo e dove incontriamo la signora che ci ha portato qui da Puerto Navarino. Sembra uno di quegli spacci di una volta, il ragazzo alla cassa fa i conti a mano su un foglietto di carta. Oggi sono tutti felici perché con il Ferry sono arrivate la verdura e la frutta fresche. In realtà gli ortaggi che vediamo noi sono quasi defunti ma vediamo persone intente a scegliere le fragole o le ciliege migliori. Compriamo qualcosa per farci dei panini e ci sediamo a mangiarli guardando il mare e i cavalli. Partiamo poi a piedi, costeggiando il mare in direzione est. Vediamo dei paesaggi veramente fantastici, naturali e apparentemente incontaminati, se non fosse per i numerosi pickup che passanno in continuazione sollevando tantissima polvere. La cosa divertente però è che ogni persona che passa ci saluta.
Torniamo all'ostello dove ad aspettarci c'è Cecilia, la padrona, che è arrivata con le sue figlie. Con lei c'è Ana, una signora norvegese e una coppia di signori francesi, Jorge e Maria José. Ci sediamo tutti a chiacchierare nella sala comune. Cecilia è simpaticissima, le sue figlie mangiano in continuazione. Chiediamo a Cecilia consiglio su un ristorante e lei telefona a una sua amica che ha un ristorante lì vicino e si accorda con lei su cosa cucinarci "ma sì, fagli del pesce e magari un'insalata". Ana verrà a cena con noi. Lei e i due francesi sono arrivati da Punta Arenas col ferry che prenderemo domani e ci hanno detto che sono stati bene ma hanno mangiato malissimo così ci hanno consigliato di comprarci del cibo e delle bibite da portarci. Decidiamo quindi di tornare in centro per andare poi al supermercato che resta aperto fino a tardi e magari vedere anceh qualcos'altro. Ci accompagna Cecilia insieme alle sue figlie su una macchina scassatissima. Prima ci porta all'ufficio postale dicendoci di chiedere alla signora, che è una sua amica, di farci il timbro di Capo Horn sul passaporto. Dopodiche' ci porta al museo, che per essere in questo posto sperduto è abbastanza carino. Torniamo in ostello, chiacchieriamo un po' con gli altri poi usciamo a cena. Andiamo nel ristorante dove ha prenotato che è un paio di capanne più il là.
Quasi non troviamo la porta per entrare. Il posto è abbastanza surreale, tutto rivestito di legno, con delle scritte luminose. Isabel, la padrona, ci cucina del merluzzo fritto con qualche chela di centolla e dell'insalata. Le chiediamo del vino bianco per accompagnare il pesce. La scelta è limitata a una sola bottiglia, ma ci va bene. Quando le chiediamo se ha il dolce lei non ha niente, ma ce lo prepara lo stesso con quello che ha a disposizione. Durante la cena, Isabel, la padrona, ci racconta che lei viene da Punta Arenas ma le piace stare qui perché è tranquillo. Dice che lei avrebbe tante idee per cambiare un po' le cose e incentivare il turismo ma non le permettono di metterle in pratica. Spendiamo una cifra ridicola. Torniamo in ostello e ripartiamo subito tutti insieme sulla macchina di Cecilia, che nel fratttempo ha lasciato le bambine da qualche parte. Ci vuole portare nell'unico locale della città, ma prima si ferma da un suo amico per sistemargli il modem, così rimaniamo mezz'ora tutti stipati in macchina ad ascoltare Manu Chao. Finalmente arriviamo nel locale dove assaporiamo il nostro primo Pisco Sour. Si tratta di un drink preparato con Pisco, che è una specie di grappa locale, limone e bianco d'uovo. Trascorriamo una piacevole serata chiacchierando tutti insieme. Quando torniamo Alan, il ragazzo con cui condividiamo la stanza, dorme già. Andiamo praticamente a dormire vestiti. Tra poche ore ci alzeremo per prendere il ferry.
Nessun commento:
Posta un commento